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• Sindrome del tunnel carpale
• Compressione nervo ulnare
• Dito a scatto
• Morbo di De Quervain
• Sinoviti tendinee e articolari
• Lesione del legamento triangolare (TFCC)
• Cisti di polso o delle dita
• Dissociazione scafo-lunata
• Morbo di Dupuytren e tecnica all'ago
• Rizoartrosi
• Artrosi di polso: artrodesi e protesi
• Ulna plus (Sauvè-Kapandji, Darrach)
• Artrosi delle dita: artrodesi e protesi
• Rottura estensore/dito a martello
• Fratture e pseudoartrosi scafoide
SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
La Sindrome del Tunnel Carpale è una patologia molto comune ed è anche di difficile comprensione. Negli ultimi anni, in effetti, si è scritto molto e molto è stato chiarito, ma non in modo esauriente.
I media hanno spesso suggerito che questa è una malattia professionale, poiché i lavoratori spesso lamentano dolore alla mano, soprattutto se eseguono attività ripetitive come può essere il lavoro di una catena di montaggio. Contrariamente all’opinione comune, questa condizione è difficilmente collegabile all’utilizzo di una tastiera. Comunque, se una persona è predisposta alla malattia, le attività ripetitive possono agevolare ed aggravare questa condizione patologica.
La sindrome del tunnel carpale consiste nella sofferenza da compressione del nervo mediano al polso. Questo tunnel è composto da pareti rigide più una struttura chiamata legamento trasverso del carpo.
Accanto al nervo e all’interno di questo tunnel scorrono nove tendini che servono a flettere le dita. Quando la guaina che ricopre questi tendini si infiamma, si riduce lo spazio all’interno del canale e il nervo viene compresso. Questa compressione del nervo mediano porta ai sintomi della sindrome del tunnel carpale.
I sintomi sono intorpidimento e formicolio nella mano spesso di notte, dolore e mancanza di forza nella mano, soprattutto nel pollice. Inoltre se la malattia persiste da lungo tempo (anche anni) si può avere l’atrofia dei muscoli alla base del pollice.
Accanto ai sintomi clinicamente evidenziabili, la diagnosi può essere confermata dallo studio sulla conduzione del nervo (EMG=elettromiografia). Questo studio misura la velocità e la latenza dell’impulso nervoso al polso e conferma o meno la compressione del nervo mediano stesso.
Questa patologia è più frequente tra le donne di mezza età e soprattutto nel periodo perimenopausale. Può anche essere causata da condizioni croniche come il diabete, la gotta o alterazioni della tiroide. È comune in donne al terzo trimestre di gravidanza; mentre se nessuna di queste condizioni è presente, la sindrome del tunnel carpale è idiopatica che significa dovuta a causa ignota.
Questa sindrome può essere associata a un processo infiammatorio cronico dei tendini flessori delle dita, comunemente detto “dito a scatto” (trigger finger) o a livello del polso e allora si parla di tenosinovite. Per esempio il Morbo di De Quervain provoca dolore a livello del polso alla base del pollice.
Se la sindrome è in uno stato iniziale il più semplice trattamento, senza uso di farmaci, è l’utilizzo di un tutore ortopedico durante la notte. Questo tutore permette al paziente di controllare il polso di notte poiché non è raro fletterlo ripetutamente durante i sogni. Ciò permette di limitare la pressione sul canale. I sintomi del resto sono amplificati durante la notte poiché la mano è allo stesso livello del cuore e ciò permette maggior afflusso di liquidi nei distretti periferici e di conseguenza un aumento della pressione.
Ci sono anche cambiamenti ormonali, di complicata spiegazione, che contribuiscono ad aumentare l’afflusso di liquidi durante la notte. Come rimedio a tutto ciò, alcuni autori ritengono che la Vitamina B-6 agisca come diuretico e diminuisca la presenza dei liquidi nel canale carpale, dando una riduzione dei sintomi.
Se la compressione è severa e il paziente non risponde a trattamenti conservativi, non resta che l’intervento chirurgico. Anche intorno alla chirurgia si dice molto e a volte a sproposito. La gente pensa che si potrebbe perdere l’uso della mano sottoponendosi all’intervento chirurgico; ma la verità è che la chirurgia da buoni risultati, se ben condotta.
L’intervento si basa su un concetto semplice: si divide quel legamento trasverso del carpo che fa da tetto al tunnel carpale. Questo permette un aumento dello spazio all’interno del canale e quindi al nervo mediano di funzionare meglio.
Il metodo chirurgico nel trattamento del tunnel carpale, che noi comunemente utilizziamo è chiamato “sindesmotomia”. Questa procedura prevede un’incisione di circa 3 centimetri alla base del polso attraverso la quale si giunge al legamento trasverso del carpo e lo si seziona. Con questa tecnica, i tessuti molli vengono danneggiati in minima parte e perciò il dolore post-operatorio, se c’è, è minimo. Ciò permette anche di tornare alle normali attività quotidiane molto velocemente.
I risultati a lungo termine di questa tecnica sono eccellenti. Il paziente può lamentare dolore nel palmo della mano quando solleva un peso per lungo tempo, ma d’altro canto ci sono minime complicanze e/o dolore dopo l’intervento.
Questa sindrome in conclusione è di agevole diagnosi e trattamento; perciò quando hai dolore alla mano, non attendere ma rivolgiti ad uno specialista, poiché si tratta di una patologia che necessita della valutazione di un chirurgo specializzato su questi problemi e la conferma tramite lo studio di conduzione del nervo è consigliabile.
DITO A SCATTO
Per Trigger Finger, meglio conosciuto come Dito a Scatto, si intende l’infiammazione cronica dei tendini flessori delle dita della mano associata ad un restringimento del canale lungo cui scorre il tendine stesso (puleggia).
Si tratta di una delle malattie più comuni della mano e può essere associata alla Sindrome del Tunnel Carpale poiché i fattori di rischio sono sovrapponibili almeno in parte. Colpisce principalmente il pollice, il dito medio e/o l’anulare. Si presenta, inizialmente, come un dolore del palmo della mano associato ad una limitazione della funzionalità del dito interessato; successivamente il dolore si irradia a tutto il dito, potendo provocare, nel tempo, una ridotta motilità che può evolvere in artrosi dell’articolazione inter-falangea prossimale.
Il paziente può avere la sensazione di una pallina sottocutanea o di uno “scatto” sul palmo della mano. È questa una fase (“triggering”) nella quale si può eseguire una infiltrazione che io consiglio con acido jaluronico. Questo diminuisce l’infiammazione dei tendini, determinando un benessere spesso momentaneo. L’infiltrazione risulta di semplice esecuzione e a mio parere, non va ripetuto per più volte soprattutto se ravvicinate nel tempo.
Se il triggering è di entità più severa e il paziente non risponde a trattamenti conservativi, non resta che l’intervento chirurgico. Anche intorno alla chirurgia si dice molto e a volte a sproposito. Il paziente può pensare che si rischia di perdere l’uso della mano sottoponendosi all’intervento chirurgico; ma la verità è che la chirurgia da buoni risultati.
L’intervento si basa su un concetto semplice: si aumenta lo spazio all’interno del canale del tendine che fa da “rotaia” e quindi si permette ai tendini di scorrere meglio senza infiammarsi e quindi senza dolore.
Il metodo chirurgico, che comunemente utilizzo è chiamato “puleggiotomia” e consiste nella liberazione del canale su descritto (puleggia A1), attraverso una modestissima incisione (circa 2 centimetri) eseguita alla base del dito interessato. Con questa tecnica, i tessuti molli vengono danneggiati in minima parte e perciò il dolore post-operatorio, se c’è, è minimo. Ciò permette anche di tornare alle normali attività quotidiane molto velocemente.
I risultati a lungo termine di questa tecnica sono eccellenti.
Questa patologia in conclusione è di agevole diagnosi e trattamento; perciò quando hai dolore alla mano, non attendere ma rivolgiti ad uno specialista, poiché si tratta di una patologia che necessita la valutazione di un chirurgo ortopedico specifico per questi problemi.
Esiste un’altra tecnica che ho appreso personalmente negli Stati Uniti e che ritengo valida: si tratta di eseguire la puleggiotomia con TECNICA ALL’AGO senza incidere la cute, dopo aver eseguito una blanda anestesia locale. È una tecnica non molto conosciuta ma che permette il rientro immediato alle normali attività fisiche e lavorative; va però sottolineato che la sua efficacia può non essere definitiva e le indicazioni a questa tecnica sono a discrezione del chirurgo stesso.
MORBO DI DUPUYTREN
Questa patologia non è rara e può avere diversi fattori di rischio che la causano. In primo luogo esiste una familiarità in linea maschile, poi alcuni lavori manuali e anche microtraumi ripetuti o processi infiammatori cronici della mano.
Di fatto, i pochi dati certi sono:
ha una progressione altalenante (a poussé)
crea una progressiva invalidità sull’uso della mano
il trattamento è chirurgico
Che cos’è questo morbo?
Si tratta di una progressiva retrazione di un tessuto appena sotto lo strato cutaneo, che si chiama aponeurosi. L’aponeurosi ha consistenza tendinea e si irradia a tutto il palmo della mano e fino alle dita. Questa retrazione provoca un indurimento dei tessuto stesso e una anelasticità di tutta la mano, tanto che poco alla volta determina la retrazione delle dita con conseguente rigidità delle articolazioni metacarpo-falangee e interfalangee.
Quando questa retrazione determina una ipovalidità nell’uso della mano, allora il trattamento chirurgico è obbligatorio e risolutivo! Non vi devo dire che questa è una chirurgia che prevede che l’operatore abbia una certa esperienza, ma aggiungo che esiste la tecnica all’ago che è ancora più complessa e la deve eseguire chi ha molta esperienza nella patologia in questione.
La tecnica chirurgica classica (aponevrectomia) prevede di asportare, con pazienza e meticolosità da parte del chirurgo, tutta l’aponeurosi coinvolta dalla retrazione. In genere è più frequentemente coinvolta l’aponeurosi che si irradia verso il quarto e quinto dito ma tutte le dita possono essere coinvolte.
La tecnica all’ago, invece, trova un suo razionale dal concetto di aponevrotomia ossia nel sezionare trasversalmente l’aponeurosi malata e nel distendere la mano manualmente. Deve essere eseguita da chi ha già eseguito diversi interventi con tecnica classica perché la conoscenza dell’anatomia della mano è indispensabile ma non sufficiente!
Questa tecnica ha l’assoluto vantaggio di non provocare danni ai tessuti poiché non si eseguono incisioni chirurgiche, si procede a lacerare l’aponeurosi con piccoli aghi e poco alla volta, inoltre in anestesia locale e non plessica come la tecnica tradizionale impone. Questo è un indiscutibile vantaggio per chi non può avere una mano fasciata per 2-3 settimane ma va evidenziato che può essere passibile di recidiva e che il risultato può non essere definitivo né sempre risolvibile in unica seduta chirurgica.
In definitiva la tecnica all’ago, pur avendo dei limiti, è agevole e di facile esecuzione per chi ha esperienza chirurgica specifica.
LA RIZOARTROSI
Per rizoartrosi s’intende l’artrosi dell’articolazione della base del pollice. È molto più comune di quello che si pensa ed è spesso associata alla Sindrome del Tunnel Carpale.
Questa artrosi, che è appannaggio quasi esclusivo del sesso femminile, è di fatto la degenerazione dell’articolazione alla base del pollice, provoca intensi dolori nell’utilizzo della mano e una riduzione della forza spesso legata ad attività come il cucire o il ricamare; la paziente spesso riferisce che gli oggetti le cadono di mano!
Questi sintomi inoltre, se la malattia persiste da lungo tempo (anni) possono portare all’atrofia dei muscoli alla base del pollice ed evidente deformità dello stesso pollice. Accanto ai sintomi clinicamente evidenziabili, la diagnosi può essere confermata dal semplice studio radiografico standard.
Questa patologia è più frequente come già accennato tra le donne di mezza età e soprattutto nel periodo perimenopausale.
La rizoartrosi può essere associata a un processo infiammatorio cronico dei tendini flessori delle dita, comunemente detto “dito a scatto” (trigger finger) o a infiammazione dei tendini a livello del polso e allora si parla di tenosinovite. Il trattamento di queste tenosinoviti è spesso diretto a diminuire l’infiammazione dei tendini; perciò l’infiltrazione con acido jaluronico o con steroidi può portare alla riduzione dell’infiammazione e ad un benessere momentaneo, con la riduzione del dolore.
Se la rizoartrosi è in uno stato iniziale il più semplice trattamento, senza uso di farmaci, è l’utilizzo di un tutore ortopedico adeguato. Questo tutore permette al paziente di controllare il polso durante le sue attività quotidiane, limitando i movimenti dell’articolazione già parzialmente degenerata.
Infine se la paziente non risponde a trattamenti conservativi, non resta che l’intervento chirurgico; anche intorno alla chirurgia si dice molto e a volte a sproposito. La gente pensa che si potrebbe perdere l’uso della mano sottoponendosi all’intervento chirurgico; ma la verità è che la chirurgia da buoni risultati.
L’intervento consiste nel rimuovere la fonte dell’artrosi e perciò del dolore, ossia togliere in parte o totalmente quell’”ossicino” (trapezio) alla base del pollice che ormai deformato non ha più nessuna funzione! Questo permette un aumento del movimento del pollice stesso, una lieve riduzione della forza, ma soprattutto la remissione del dolore!
Il metodo chirurgico chei comunemente utilizzo è chiamato trapeziectomia, o emitrapeziectomia (ossia la parziale resezione del trapezio stesso). Questa procedura prevede un’incisione di circa 4 centimetri alla base del pollice attraverso la quale si giunge al trapezio e lo si asporta poi viene eseguita una tenosospensione. Con questa tecnica, i tessuti molli vengono danneggiati in minima parte e perciò il dolore post-operatorio, se c’è, è minimo. Ciò permette anche di tornare alle più semplici attività quotidiane in circa 3 settimane, ed a una completa autonomia nell’uso della mano in 2-4 mesi.
Esiste inoltre una tecnica mini-invasiva che prevede la resezione parziale del trapezio con una incisione di circa 0,5cm senza tenosospensione, quindi con un recupero funzionale quasi immediato e completo, poiché minimo è il danno dei tessuti molli. Unico limite di questa tecnica è la gravità dell’artrosi in atto, è perciò necessario il giudizio dello specialista se poterla eseguire e in quali casi.
I risultati a lungo termine di questa tecnica sono buoni. Il paziente può lamentare dolore nella mano quando solleva un peso per lungo tempo, ma d’altro canto le complicanze di questo intervento sono piuttosto ridotte.
La rizoartrosi in conclusione è di agevole diagnosi e trattamento; perciò quando hai dolore alla mano, non attendere ma rivolgiti ad uno specialista, poiché si tratta di una patologia che necessita della valutazione di un chirurgo specializzato su questi problemi.